Dedico questo post alla mia nipotina di tre anni, che rende tanto felici mamma e papà ogni volta che fa la pupù.
La stitichezza in età pediatrica è un disturbo molto frequente particolarmente nei paesi industrializzati, riguarda infatti dal 3 al 10% dei bambini (risultano colpiti maggiormente i maschi) ed è la causa del 3% delle visite ambulatoriali dal pediatra.
– Quando si può definire stitico un bambino?
Si può definire un bambino stitico quando le evacuazioni sono difficili, richiedono sforzo e spesso sono dolorose, le feci appaiono dure o caprine, la frequenza è inferiore alle tre evacuazioni a settimana. Non esiste di per se un numero di evacuazioni settimanali sano, fisiologico o un numero di evacuazioni che indichi che un soggetto è stitico o non lo è. La frequenza varia notevolmente da bambino a bambino e può variare anche, ad esempio, a seconda dell’alimentazione del periodo (varia ad esempio in base alla stagione) o in base al benessere emotivo del bambino.
– Da cosa può essere causata la stitichezza nel bambino?
Due possono essere le cause della stipsi:
– Stipsi funzionale, nettamente la più frequente, ossia non dovuta a vere e proprie alterazioni fisiche;
– Stipsi organica, molto rara, dovuta a patologie o malformazioni. Può essere causata da varie patologie che in genere si manifestano quasi subito nel neonato, accompagnate da altri sintomi importanti che permettono il raggiungimento della diagnosi.
Nella stragrande maggioranza dei casi (superiore al 95%) si tratta di stipsi funzionale.
Nel bambino in età prescolare la stitichezza può essere indotta da una errata educazione, troppo precoce o troppo rigida, al controllo degli sfinteri, da abitudini alimentari o stile di vita non corretto, non sano oppure a causa di atteggiamenti così detti ritentivi. Si parla di atteggiamenti ritentivi quando il bambino trattiene le feci nonostante lo stimolo, memore di precedenti evacuazioni dolorose a causa di ragadi anali, feci particolarmente dure e asciutte o per problemi psicologici. Il piccolo ricordando l’esperienza negativa e dolorosa cerca di rimandare l’evacuazione in ogni modo. Molti bambini stitici piangono disperati quando si accorgono di dover evacuare e/o adottano comportamenti che li aiutano a trattenere le feci quali incrociare le gambe, camminare sulle punte, irrigidirsi, stringere i glutei, accovacciarsi, nascondersi.
Questo atteggiamento instaura un circolo vizioso, più il bambino cerca di trattenere le feci, più queste seccano, si disidratano e diventano dure e creeranno dolore durante l’evacuazione.
Spesso nel bambino gli atteggiamenti ritentivi possono anche essere dovuti a stress emotivi quali: nascita di un fratellino, divorzio dei genitori, un lutto in famiglia ma anche un semplice trasloco, l’inserimento alla scuola materna, la difficoltà ad utilizzare i bagni scolastici..
– Cosa possiamo fare?
Nella terapia della stipsi dei bambino risulta fondamentale rendere l’evacuazione non dolorosa e il più confortevole possibile. A tal fine è fondamentale rendere le feci più morbide e educare correttamente il bambino all’utilizzo del vasino o del wc, oltre ovviamente a curare eventuali ragadi o altro disturbi anali che possono causare dolore.
Durante l’educazione al vasino bisogna fare molta attenzione a rendere questa esperienza positiva, a insegnare al bambino che andare in bagno è naturale e positivo così come mangiare o dormire. Il bambino si deve sentire rilassato, mai forzato, ad alcuni piace sentirsi leggere o raccontare una storia, per altri è importante avere la propria privacy. Potete lasciarlo sul vasino una decina di minuti così da non mettergli fretta ma neanche protrarre troppo a lungo le sedute così da renderle infinite e noiose. Non rimproveratelo mai se non riesce nell’intento.
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E’ importante che il bambino assuma una posizione corretta sul vasino, piedi ben appoggiati a terra, gambe aperte e ginocchia più alte rispetto al sedere (la posizione naturale che si assume in un bagno alla turca) così da favorire l’evacuazione. Alcuni bambini preferiscono utilizzare fin da subito il wc, permetteteglielo col supporto di un riduttore e uno sgabello, così che il piccolo, possa anche in questo caso, assumere una posizione corretta e appoggiare i piedi.
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Fondamentali risulta anche avere abitudini alimentari e stile di vita corretto:
– bere molto, principalmente acqua;
– preferire i cereali integrali (pane, riso, pasta) ai cereali raffinati;
– incrementare la quantità di verdura, frutta e legumi. Spesso soprattutto le verdure non piacciono particolarmente ai bambini, incrementatene il consumo sfruttando i gusti di vostro figlio, presentando frutta e verdura in modo più accattivante o camuffato. A volte frutta e verdure sono accettate se tagliate a bastoncini o a spicchi con i quali formate un fiore o un’altra figura, la verdura può inoltre essere tritata e nascosta nei sughi o all’interno di impasti come per le polpette. Può essere utile il succo di prugna o di pera. Ricordate che siamo noi genitori, soprattutto a lungo termine, a insegnare ai nostri figli come ci si alimenta correttamente, date il buon esempio.
– limitare tè e cioccolata;
– limitare le bibite gassate;
– incrementare l’attività fisica (sport, gioco all’aria aperta);
– controllare il tempo che il bambino trascorre fermo davanti alla TV o al computer;
– effettuare il cosiddetto “toilet training”, invitate il bambino ad andare in bagno in momenti prestabiliti della giornata (dopo colazione, prima di pranzo, tardo pomeriggio, dopo cena, prima di nanna), senza fargli troppa fretta. Se vogliamo un po’ come viene fatto all’asilo.
Se il disturbo non si risolve curando l’alimentazione e incrementando il movimento, il pediatra può consigliare i cosidetti rammollitori fecali a base di Macrogol o Politilenglicole che, inglobando acqua, aumentano il volume delle feci e le rendendono morbide. Molto efficaci e privi di effetti collaterali.
L’uso dei lassativi classici, specie se non occasionale, non è raccomandato nel bambino, l’impiego di qualsiasi metodo lassativo può dare infatti assuefazione.