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I miei bambini hanno fatto psicomotricità di gruppo nel periodo della scuola materna. Giugiù era il classico bambino sempre in movimento, con difficoltà a concentrarsi e Patata ha iniziato a parlare assai tardi. In entrambi i casi mi è stato consigliato di far fare loro psicomotricità. All’inizio hanno fatto alcune sedute singole con lo psicomotricista, come di solito viene richiesto, per una valutazione e poi incontri in gruppo. Gli incontri hanno sicuramente avuto degli effetti positivi su di loro. I bambini erano felici di andare, uscivano più sereni e piano piano si sono visti dei miglioramenti nel loro modo di comportarsi ed interagire con gli altri. Patata ad esempio ha iniziato ad accettare con più tranquillità la fatica di fare la logopedia o un eventuale insuccesso e Giugiù, forse in parte aiutato anche dalla crescita stessa, ha imparato a stare fermo e concentrarsi più a lungo.

Cosa è la psicomotricità?

La psicomotricità nasce negli anni sessanta in Francia ed ha lo scopo di aiutare a sviluppare l’equilibrio del bambino e armonizzarne lo sviluppo. 

La psicomotricità considera il bambino nella sua globalità, ritenendo il corpo e i sensi come canale primario di esperienza e quindi di apprendimento. Lo psicomotricista si pone come adulto di riferimento, sia per il bambino che per i genitori, esperto dello sviluppo psicomotorio e delle tecniche e strategie da utilizzare nel caso che, disturbi o difficoltà dell’infanzia, possano ostacolare  lo sviluppo armonico del bambino. Dopo un’attenta osservazione del bambino nel suo complesso, lo scopo ultimo dello psicomotricista è quindi di renderne  più armonici il corpo, le emozioni e gli aspetti cognitivi, intellettivi attraverso il gioco e il movimento.

Negli ultimi anni corsi di psicomotricità vengono  spesso organizzati anche nelle scuole dell’infanzia e/o primaria, come parte del progetto educativo. Osservare con attenzione i bambini mentre giocano da soli o in gruppo, permette di conoscere diversi aspetti della loro personalità, spesso poco considerati o non pienamente capiti da noi adulti. Riuscire a trovare l’equilibrio tra mente e corpo porta ad avere più fiducia in sé stessi, quindi un migliore rapporto con gli altri e una migliore comunicazione.

A chi può essere utile?

La psicomotricità può essere utile a tutti i bambini. E’ consigliata per quelli troppo  timidi e riservati, in quanto li aiuta a  rapportarsi più serenamente con gli altri, per i più vivaci, insegnando loro a mantenere più a lungo la concentrazione. Può essere anche utile per i bambini che si innervosiscono facilmente o che non vogliono rispettare le regole, in quanto insegna col gioco il rispetto dei compagni, dei tempi, dei turni e delle regole,  dando in contemporanea  la possibilità al piccolo di sfogarsi ed esprimere la propria rabbia, insoddisfazione  o difficoltà se presenti. Nei casi di bambini autistici o con patologie neuro-motorie o neuro-psichiatriche può essere utile la psicomotricità terapeutica.

La psicomotricità educativa, come già detto, si pone l’obiettivo di accompagnare il bambino nella sua crescita armonica e nel suo sviluppo globale. Favorisce la comunicazione sia corporea che verbale, la creatività, l’operatività intesa come la formazione del pensiero. La psicomotricità terapeutica viene invece spesso suggerita dalla scuola o dal pediatra quando siano presenti un lento sviluppo psicomotorio, disturbi del linguaggio o difficoltà a relazionarsi correttamente ad esempio per eccessiva timidezza.

Come si presenta il locale adibito alle sedute di psicomotricità?

Il luogo dove avvengono le sedute è solitamente una stanza spaziosa e luminosa, con materiale strutturato e non, materassini da palestra, grandi cubi e parallelepipedi morbidi per costruire case o fare percorsi, palloni, bastoni, cerchi, specchi per guardarsi o disegnare, ma anche bambole, macchinine e puzzle, palline e centri da colpire, palline per giocoliere, fogli, colori, tempere, schiume per disegnare, materiale per plasmare, tutti questi e molti altri ancora possono essere gli strumenti dello psicomotricista.

Come è strutturato un incontro di psicomotricità?

Durante un incontro può essere proposto al bambino di giocare liberamente o di partecipare ad attività strutturate, sempre con tempi e regole definite (poche e chiare).  Di solito gli incontri seguono uno schema preciso, condiviso all’inizio dell’incontro con i bambini. Ad esempio nei primi dieci minuti possono giocare liberamente (avendo come unica regola di non fare male nè a sè nè  agli altri). In seguito lo psicomotricista propone una, due o più attività organizzate con regole e turni e come ultima fase, negli ultimi 10-15 minuti, i bambini in genere disegnano.  Ovviamente questo è solo un possibile esempio di come possa essere organizzato un incontro ma la cosa interessante, è che lo psicomotricista ne condivida  all’inizio l’organizzazione con i bambini e che questi siano poi tenuti a rispettarla.

Come si diventa psicomotricista?

Il percorso formativo ideale per uno psicomotricista consiste nell’aver conseguito la laurea di primo livello seguita da un percorso formativo post laurea, realizzato in un master o una scuola di psicomotricità. Come per tutte le professioni sanitarie, è inoltre previsto un aggiornamento continuo, corsi di formazione e aggiornamento professionale presso scuole specializzate. Per esperienza sono altrettanto importanti le capacità di rapportarsi al bambino che avrà il professionista, mettendosi sullo stesso piano del piccolo, ascoltandolo, rassicurandolo, accogliendolo, giocando e divertendosi con lui, ma rimanendo al tempo stesso una figura adulta di riferimento.

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